Lavagne
Il segno-linguaggio adottato da Gulino in alcune delle sue opere passa da struttura grammaticale connettiva ad una organizzazione sintattica più libera di elementi mobili, come affioranti dal magma dell'indistinzione primordiale, che trovano autonomamente la propria collocazione fino a circolare liberamente nello spazio dell'opera e anche al di là di essa. Le fitte maglie delle sue "lavagne" inducono un fuoco incrociato di giochi ottico-percettivi e aprono su un nuovo territorio dell'assoluto dove i segni non sono più veramente tali perché hanno perso la loro funzione significante di rimando al significato". (Gianluca Ranzi, Franco Accursio Gulino-In medio stat virtus, Fondazione Orestiadi di Gibellina, 2003)
Gli olii su legno e tela delle Lavagne mostrano corpi danzanti, contorti e festanti al tempo stesso, impegnati in misteriose acrobazie. Le figure mutano di sesso, forma e identità e non distinguiamo piani prospettici né spazi fisici riconoscibili. «I colori, i disegni e la ruvida verità del legno», scrive Riccardo Ragozzini, «danno vita a questo ballo sfrenato. Un racconto che spesso si eleva a urlo disperato e a grido di protesta»