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Ecce Homo

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"C’è un mezzo supremo per annullare le barriere culturali. È la porta. La porta è un concetto archetipico, un evento artistico antico e moderno, che affonda le radici in epoche immemorabili [...]. Essa simboleggia il passaggio da un luogo a un altro, da un paese all'altro, da una filosofia ad un'altra, da una religione ad un'altra; dischiude un altrove, procede verso l'ignoto, l'infinito, il trascendente, il mistero. È un elemento fisico e metafisico, scultoreo e architettonico, materiale e spirituale, metaforico e simbolico. È anche un segno di Cristo che rappresenta la vera porta, ma va oltre il Cristo stesso". (Costanzo Costantini in Franco Accursio Gulino - Catalogo Generale Ragionato Tomo I)

Le porte e le grandi tele del ciclo Ecce homo mostrano il Cristo-uomo di memoria evangelica, schernito, flagellato, sfigurato dal dolore e rimandano alla cecità di un sistema che punisce e giudica, mortificando il diritto di esistenza di altri esseri umani. Ma le forme sembrano continuamente liquefarsi e decomporsi per l'incessante spinta vitale che le trasforma in qualcos'altro, in un incessante divenire e, come scrive Carlo Bertelli, «ecce homo non è ecce vir» ma «più frequente è il tipo androgino, come constatazione dell'indifferenza dei sessi rispetto alla tragedia che in alcuni dipinti si svolge in una dissacrazione ironica del falso pietismo»

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